
Arianna Pasini: il valzer romagnolo che incontra l’artigianalità sonora
INTERVISTE EMERGENTI
5/5/20252 min read


Con “Lontano (dal vivo con la piccola orchestra)” Arianna Pasini ridà vita a un suo brano in chiave valzer, tra Wandrè d’epoca e fisarmoniche, raccontando la sua Romagna e la scelta dell’analogico in un’epoca digitale. L’abbiamo incontrata per scoprire come tradizione e sperimentazione trovino accordo nella sua musica.
Intervista
1.
“In ‘Lontano (dal vivo con la piccola orchestra)’ sembri trasformare una canzone già tua in un altro corpo, in un altro tempo. Da dove nasce l’idea di questa rivisitazione in chiave valzer?”
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L’idea è nata un po’ all’improvviso quando, grazie a due incontri fortuiti, ho avuto la possibilità di registrare all’interno del Teatro Galli di Rimini con dei prestigiosi strumenti Wandrè.
Per l’uscita di questo singolo infatti, elogio all’affascinante e malinconico Mare Adriatico invernale, hanno collaborato il Comune di Rimini, concedendo l’utilizzo della affascinante Sala Poletti del Teatro Galli, e Marco Ballestri, insieme ai Partigiani di Wandrè, prestando per la performance chitarra BB e basso Waid anni sessanta del visionario liutaio e artista Andrea Pioli “Wandrè”.
Ho pensato che potesse essere interessante sperimentare in quella cornice riarrangiando il brano in una versione speciale, come fosse un leggero valzer. Abbiamo quindi performato dal vivo con una piccola orchestra e registrato in maniera primordiale, inserendo uno strumento della tradizione da me molto amato, oltre a chitarra, basso e corno francese: la fisarmonica.
2.
“Nel tuo suono si sente la Romagna, ma mai in modo banale. Quanto conta per te il territorio come fonte di ispirazione e come identità artistica?”
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Trovo che questa terra mi abbia influenzata molto, anche indirettamente, nonostante i miei ascolti, per buona parte della mia esistenza, siano stati proiettati verso altre culture. Ultimamente ho imparato ad apprezzare quello che ho vissuto e che mi ha circondata sin da bambina, forse anche grazie ai periodi di distacco e di viaggi lontani.
Mi fa sorridere il fatto che la maggioranza delle mie canzoni prenda vita spontaneamente in ¾; sarà forse per colpa delle tante orchestre di liscio che ho visto suonare alle feste di paese?
3.
“La tua scelta di strumenti e registrazioni in presa diretta racconta un’idea precisa di musica: quanto è importante per te restare artigiana del suono in un’epoca digitale?”
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Ho da sempre avuto un debole per gli oggetti e i movimenti del passato. Una delle mie costanti è la passione per gli anni sessanta, decennio molto fertile dal punto di vista artistico (passando dalla pop art all’arte povera), letterario (basti pensare allo sradicamento del linguaggio operato dalla Beat Generation), e musicale (dalla celebrazione del pop al rock più psichedelico). In quegli anni anche la produzione degli strumenti musicali era in fermento e si dava vita a oggetti dalle forme e funzionalità più disparate. Per questo mi sto circondando di strumenti provenienti da quel periodo, soprattutto italiani, frutto di ricerche talvolta disperatissime, nell’ottica di ridargli una nuova vita accostandoli a sonorità più contemporanee. Trovo meno affascinanti gli strumenti di oggi, probabilmente a causa dell'omologazione e serialità sempre più prepotenti.
4.
“In un mondo dove spesso si cerca il ‘singolo perfetto’, tu porti avanti una visione intima e sperimentale. Qual è, secondo te, il ruolo di una cantautrice indipendente oggi?”
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Trovo sia importante portare avanti la propria ricerca intima e personale anche se spesso fa sentire soli e fuori contesto in un mondo che pare sempre più veloce, effimero e vorace.
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