
Chemomento – La dualità come necessità
INTERVISTENUOVI TALENTI
Gabriele Lobascio
6/12/20253 min read


Tra radici, lavoro, distanze e identità, Chemomento è un piccolo manifesto esistenziale. Un brano che racconta l’amore e il disincanto verso la propria terra d’origine, ma anche la tensione verso qualcosa che ancora non si conosce. Per questo, più che una semplice canzone, Chemomento è lo specchio di una generazione inquieta, in bilico tra la voglia di crearsi un futuro e la nostalgia di ciò che si è lasciato indietro.
Ne abbiamo parlato direttamente con Fluente, tra paesaggi lucani, fotografie simboliche e piccoli lavori quotidiani che si trasformano in ispirazione. Ecco l’intervista, nuda e viva, esattamente così come ci è arrivata.
“Chemomento” è un mix di amore e disillusione per la tua Basilicata. Come riesci a conciliare questo legame forte con la necessità di cercare opportunità altrove, e quanto questa dualità influenza la tua musica?
Realizzare, con il tempo, solo quando i miei occhi si sono dovuti abituare ad altre luci, ad altri paesaggi e ad altre storie, che per crescere e per darmi la possibilità di crearmi delle opportunità mi sarei dovuta allontanare da casa, non è stato semplice. Ho sempre provato dell’odio profondo e indescrivibile per questa dimensione che ero costretta a vivere, per il silenzio che ero obbligata a sentire. Mi sbagliavo. Ora sono distante da casa, sono sicuramente cresciuta e mi ha aiutato tanto ma tornare qui mi concede il lusso di camminare lentamente e di apprezzare tutto quello che ho sempre avuto davanti agli occhi senza dargli alcuna importanza.
Questa dualità è la mia musica.
Senza questa non esisterebbe niente.
Dalla copertina con i cani di "Marco" a quella di "Chemomento" con la pratica del "Malocchio": c'è un messaggio specifico che vuoi lanciare accostando la tradizione della tua terra alla tua nuova vita, anche attraverso le immagini dei singoli?
Ho sempre esplicitamente dichiarato un forte interesse nel messaggio visivo attraverso la fotografia, la musica è solo una conseguenza.
Ogni scatto racconta qualcosa che esiste realmente nel mio personale, se non mi conosci è davvero difficile trovare un nesso tra il testo e la copertina.
Io ne sono consapevole e so che questa mia scelta non fa altro che alimentare l’incomprensione e vincola la possibilità di un messaggio diretto, pulito e che possa esser compreso da tutti.
Sono egoista se dico che quello che faccio è davvero frutto di un’esigenza personale.
A me non resta che raccontare la mia storia senza nessun filtro, questo è il mio messaggio.
Farò di tutto per mettere in luce la mia terra. Sfrutterò ogni angolo nascosto e, anche quando sarò lontana da casa troverò il modo per rappresentarla, che poi è quello che è successo nella realizzazione della copertina di “Marco”.
Hai detto di aver fatto qualsiasi lavoro per pochi soldi prima di Bologna. Ora fai la dog sitter. C'è una "liberazione" in questo tipo di lavoro, anche se lontano dalle aspirazioni artistiche, che ti permette di continuare a creare?
Non è produttivo focalizzarsi su qualcosa. Continuare a vivere per non cadere nel baratro è sempre la soluzione, soprattutto quando non si hanno i mezzi per proteggersi. Bisogna solo riconoscere il limite tra la realtà e il sogno. Capisco che la linea è talmente sottile da non vederla neppure alle volte. Io sono una grande sognatrice e questo è il mio “croce e delizia”, come si suol dire.
Esistono momenti in cui occupo il mio tempo per altro e questo mi fa sentire distante da quello in cui credo e meno dedita, ovviamente poi diventa senso di colpa e sintomo di irriconoscenza anche nei confronti di chi lavora con me e ci mette, a modo suo, l’amore e l’impegno. La verità è che questa distanza che avverto è già figlia di un meccanismo sociale a cui crediamo e diamo retta. Le mie parole nascono tutte da contesti estranei, momenti lontanissimi dall’idea che possano poi, un domani, diventare una storia da raccontare attraverso la musica e/o la fotografia.
Quindi, ti dico, tutto quello che mi allontanata dal voler creare poi, inconsapevolmente, mi spinge alla creazione di qualcosa che ancora non conosco.
"Chemomento" racconta storie di amici "spenti" e la condizione di molti ragazzi italiani. Qual è il messaggio più forte che vuoi trasmettere a chi si trova in una situazione simile, ascoltando la tua canzone?
“chemomento” racconta l’amore per qualcosa che non si può avere e l’esasperazione del desiderio di essere voluti.
Racconta quanto disagio provoca la voglia di lasciarsi trascinare giù.
“chemomento” è uno stato di agitazione perenne nelle strofe ma la soluzione è nel ritornello.
Spogliarsi e dimenticare la paura di essere per forza qualcosa agli occhi di qualcuno o anche solo di noi stessi.