Da cantanti emergenti a big tra viralità e TikTok?

ANALISI & RECENSIONI

Eleonora Freguglia

6/9/20253 min read

Il roster di musicisti emergenti in Italia è in continua crescita, complice anche il mondo dei social che permette a chiunque di postare video delle proprie performance online nella speranza di attirare l’attenzione del giusto pubblico. I social però sono sufficienti per emergere davvero dalla massa?

L’immagine stereotipata di un giovane musicista lo dipinge come un creativo che dedica la sua vita alla composizione musicale, ma la verità è un po’ differente. Essere emergenti oggi significa, in moltissimi casi, poter contare sulle proprie forze per fare un po’ di tutto: non solo comporre musica, ma anche promuoversi su diversi canali, occuparsi del booking dei concerti e trovare le giuste opportunità di sviluppo. E ovviamente tutto questo ha un costo, motivo per cui tantissimi giovani artisti e artiste sono costretti a svolgere, nel frattempo, professioni alternative per sostenere il proprio sogno.

Essere artisti emergenti, dunque, oggi significa anche acquisire competenze che vanno ben oltre la musica, con il risultato che (purtroppo) si toglie sempre più tempo all’inclinazione e all’occupazione musicale vera e propria.

Musicisti su Instagram e TikTok: il ruolo dei social

I social sembrano svolgere un ruolo molto particolare nelle strategie promozionali adottate non solo dagli emergenti, ma anche dai big.

Quante volte, ad esempio, abbiamo visto artisti che cancellano tutti i propri post su Instagram prima dell’uscita di un nuovo pezzo o di un nuovo album? Una strategia che ormai non stupisce più di tanto. Ma l’uso dei social non si limita solo a questo.

Sono sempre più frequenti i casi di cantanti che, nel tentativo di promuoversi su Instagram e TikTok, diventano dei veri e propri content creator. E forse è proprio questo l’indirizzo verso cui spingono le case discografiche che prendono sotto la loro ala gli emergenti. Le views e i like social sembrano contare sempre di più. Non solo per chi deve ancora raggiungere il successo.

È emblematico il caso di Halsey. La famosa cantautrice americana ha raccontato pubblicamente che la sua casa discografica le aveva vietato di rilasciare la sua nuova canzone finché i suoi video su TikTok non fossero diventati virali. Ecco che anche un’artista già capace di raggiungere milioni di persone con le sue canzoni viene costretta a piegarsi a logiche di mercato che mettono la viralità sempre più al centro.

È proprio la viralità che viene inseguita anche dai giovani emergenti italiani, tra TikTok e Reels che assomigliano più a sketch comici che alla presentazione di un nuovo singolo. E tutto per tentare di superare con l’arma dell’ironia e del divertimento la nostra bassissima soglia dell’attenzione (che i social rendono ancora più labile) e la nostra resistenza alla scoperta di nuova musica.

Mentre in alcuni casi queste strategie sono suggerite e architettate dal reparto Marketing di un’etichetta, in molti altri sono auto-prodotte, costringendo gli emergenti a diventare esperti anche di Comunicazione Pubblicitaria.

La viralità social è abbastanza per diventare dei big?

Forse, in un contesto che ha trasformato la musica in un vero e proprio prodotto altamente commercializzabile, abbiamo commesso l’errore di attribuire ai social un’importanza esagerata.

È una falsa credenza creata dal sistema stesso. Se sono un’emergente che vede i big a cui si ispira utilizzare i social per promuoversi, naturalmente crederò che per avere successo questi strumenti siano necessari. E in effetti, essere presenti sui social è importante. Chi di noi quando scopre un nuovo artista che gli piace non va a seguirlo su Instagram?

Ma credere che basti la viralità sui social per diventare davvero famosi è un’illusione. Dietro un artista che riesce a emergere, nel 99% dei casi c’è un sistema articolato fatto da manager, ufficio stampa, booking management e consulenti di comunicazione. Un investimento non da poco.

Dall’altra parte, c’è un pubblico che è sempre meno abituato al piacere di scoprire nuova musica. Le nostre playlist Spotify ricalcano costantemente le nostre abitudini piuttosto che portarci all’orecchio qualche artista nuovo, magari dai numeri più bassi.

È anche questo che costringe gli emergenti a trovare modi sempre più creativi (e faticosi) di arrivare a noi, togliendo tempo alla produzione artistica di nuova musica.

E se il pubblico cambiasse il proprio approccio all’ascolto? Forse questa potrebbe essere l’unica via per riportare al centro dell’universo musicale la musica nella sua purezza, allontanandoci da logiche di mercato per tornare solo al piacere dell’ascolto.

Come fa un emergente a diventare un big della musica italiana? È tutta questione di talento o in questo processo ci sono di mezzo altre dinamiche?