Diora Madama: “La morte non è fine, ma senso. Io ci convivo e la trasformo in arte”

INTERVISTENUOVI TALENTI

Gabriele Lobascio

11/16/20252 min read

Con il suo nuovo progetto “La Morte”, Diora Madama mette al centro uno dei temi più potenti e universali dell’esistenza: il limite, il passaggio, la trasformazione. Artista completa – produttrice, cantautrice e creatrice del proprio immaginario – esplora un viaggio sonoro e identitario dove luce e oscurità convivono, senza filtri e senza paura. Il Sud diventa luogo emotivo, l’Abruzzo un’eredità complessa, la produzione un atto di libertà totale.

Intervista

“La Morte” è un titolo che evoca un passaggio più che una fine. Cosa rappresenta per te questo concetto, nella vita e nella musica?
Io credo che se fossimo immortali la nostra vita come genere umano non avrebbe alcun senso. Il valore delle cose è dato per lo più dalla loro fine. Se lo diceva Heidegger prima di Diora da Lanciano forse dovremmo rifletterci.

Hai definito il disco come un viaggio tra luce e oscurità: qual è stata la tua “ombra” più difficile da trasformare in suono?
Più che trasformarla, l’ho rappresentata in suono. Non posso parlare al tempo verbale passato, è sempre con me e lo sarà sempre. Avendola accettata posso farla coesistere con la mia parte luminosa. L’album testimonia questo processo.

Nei tuoi brani c’è un Sud che non è solo geografico, ma emotivo. In che modo l’Abruzzo ti ha insegnato la contraddizione?
Venendo da una realtà provinciale e nata a fine anni ‘90 ho vissuto una realtà molto bigotta e chiusa, questo l’ho odiato e mi ha indubbiamente segnata. In adolescenza ho accolto solo la parte negativa delle mie origini, in età adulta invece trasferendomi in città (prima Roma, dopo Milano) ho compreso il calore della mia terra. Abruzzese forte e gentile, così dicono, lo capisci quando sei fuori. Io amo la mia terra come si ama un genitore che t’ha voluto bene ma dandoti troppi schiaffi, un amore un po’ disorganizzato, un amore che insegna la contraddizione. Non posso farne a meno.

Produci, scrivi, canti: quanto è importante per te avere il pieno controllo del tuo linguaggio artistico, anche quando significa esporsi totalmente?
Non è importante, è tutto. Io non mi considero né una cantante né una producer, da sempre mi considero un’artista e basta. Io concepisco tutto insieme ed è un processo mio, “una cosa mia”, è il mio posto al sicuro. Se faccio entrare qualcuno nel processo è perché è una persona importante per me, è un rapporto più intimo di una relazione di coppia.