Djomi torna con “Undercover” feat. Claver Gold: il valore di restare fedeli a se stessi

INTERVISTENUOVI TALENTI

7/19/20253 min read

Con Undercover, Djomi torna dopo più di un anno con un brano che è più di un semplice singolo: è un manifesto. Al centro c’è il concetto di “vivere sotto copertura”, uno stile di vita che mette al primo posto l’autenticità e il valore delle azioni, anche quando restano invisibili.

In queste barre, Djomi prende posizione su temi politici e sociali con una lucidità rara nel panorama rap, rivendicando la libertà di parola come atto di responsabilità. Tra riferimenti simbolici e vissuto personale, questa intervista racconta la sua missione artistica: guardare il mondo con i propri occhi e restituirlo in musica, senza filtri.

1. Il brano ruota attorno al tuo” vivere sotto copertura”. Come descriveresti questo stile di vita e perché a volte è necessario per le persone?

Vivere sotto copertura è uno stile di vita basato sul concreto. Questo approccio manifesta come l'importanza di determinate azioni da parte nostra non stia nell'essere riconosciuti dagli altri ma il valore che noi diamo ad esse. A volte purtroppo è necessario perché in determinati contesti fare la cosa giusta non coincide con la visione dominante, e ci ritroviamo ad agire per il conto di un "bene" ideale o personale seguendo un valore più che una meta. vivere in questo modo aiuta perché ci permette di concentrarci sull'obiettivo evitando distrazioni inutili che ti possono portare allo sconforto o all'allontanamento da esso.

2. In “Undercover” si ascoltano critiche sociali e politiche esplicite nelle quali, di solito, nel mondo musicale si entra in punta di piedi. Come è nata in te la spinta di scrivere un testo che, al contrario, prende una posizione forte su questi temi?

Io sono sempre stato una persona abbastanza distante dal mondo politico, specie nelle mie canzoni. Il mio pensiero ruota e si sviluppa attorno a tutta una serie di dinamiche legate all'umanità e alla correttezza. Visto quello che ci sta succedendo attorno nel mondo nonostante questo pezzo sia stato scritto un po' di tempo fa non potrebbe essere purtroppo più attuale.

3. “Non mi venire a parlare del vero / se scrivi sotto dettatura” è una barra potente. Che valenza assume la tutela della verità nella tua scrittura?

Per me scrivere è l'espressione di se stessi. Mi piace pensare di lasciare come Nayt un pezzo di me in ogni canzone. Io sono un enorme sostenitore della libertà di parola e di espressione quando si parla di musica, questo perché penso che dai temi più profondi fino a quelli più frivoli ognuno debba avere il diritto di esprimersi e di dire quello che vuole. Ovviamente, credo anche che di tutto ciò di cui tu parli dovrai poi assumertene le conseguenze, perché poi diventa troppo facile fare il voltagabbana nel momento in cui ti si ritorce contro quello che hai detto.

4. In “Undercover” ti cali nei panni Robin Hood. Quale pensi essere la tua missione da Robin Hood nella scena rap italiana contemporanea?

Io sono sempre stato uno che pensa ad oggi, ricordando in modo esagerato il domani e non calcolando mai il futuro. Questo per dire che l'unica vera missione che mi sento di poter dire di portare avanti è quella di raccontare il mondo e la mia vita attraverso i miei occhi cercando sempre più ragazze e ragazzi che la pensino come me.

5. “Undercover” è il tuo singolo di ritorno dopo più di un anno. Come si colloca questo brano nel tuo percorso artistico?

Questo pezzo è stato inizialmente lavorato quattro anni fa (che se penso che in mezzo sono usciti due dischi miei fa abbastanza ridere…). Rappresenta una pietra miliare per me, non soltanto perché è stato il primo brano in cui ho sentito un certo tipo di approccio che ancora oggi mi porto avanti, ma anche perché ho avuto la fortuna di collaborare con artisti come Claver Gold e Gian Flores, che proprio nel periodo in cui io scrivevo questa canzone erano nelle mie cuffie mentre tornavo a casa da scuola.