GioveDiMaggio: “Andare via” è un inno alla libertà e all’entusiasmo dei vent’anni

INTERVISTENUOVI TALENTI

Gabriele Lobascio

9/23/20254 min read

Con il nuovo singolo “Andare via”, GioveDiMaggio racconta il desiderio di scappare non tanto da un luogo, quanto da abitudini e pensieri che ci ingabbiano nella quotidianità. Un brano che mescola leggerezza e profondità, nato dalla collaborazione con il producer Fabio Zanolini, e che si trasforma in un manifesto generazionale per chi sente di non avere ancora tutto scritto. Nell’intervista l’artista ci porta dentro la genesi del pezzo, tra scintille improvvise, ispirazioni personali e il sogno di trasmettere entusiasmo e libertà a chi lo ascolta.

Intervista

1. “Andare via” non parla di una fuga da qualcosa, ma di un andare verso: qual è stata la scintilla personale che ti ha fatto scrivere questa canzone in questa prospettiva ribaltata?

In realtà sì, voglio parlare di una fuga. Non è tanto una fuga da qualcosa di concreto, ma da un concetto più astratto, parlo di una fuga dalle nostre cattive abitudini. Nel dettaglio, quando dico “ho mille idee per la testa, ma bevo sempre il solito caffè”, intendo dire che, penso di volere e riuscire a cambiare tutto almeno 6 volte al giorno, ma mi ritrovo a bere sempre il solito caffè, nel mio solito lavoro, nella mia solita giornata di una solita vita, che posso, ma non voglio cambiare. Non dico questo per lamentarmi, ma semplicemente perché me ne rendo conto e ho voglia di scappare via da questi pensieri per vivermi bene sta vita.

Scrivere questa canzone è stato molto divertente, dapprima è stata buttata giù mentre guidavo verso casa di Fabio. Stavo ascoltando un type beat, per ispirarmi, e subito dopo una rotonda, ho avvertito una forte sensazione di allegria, che mi ha fatto buttare giù quante più parole possibili, con una frenesia tramutata quasi in ansia per non dimenticarmi ciò che stavo pensando, perché mi stavo gasando troppo. Appena gli feci ascoltare la top line del ritornello, Fabio si convinse subito e pensò immediatamente di inserire il vocoder e i vocal chops del drop del ritornello. Ci gasò fin da subito l’idea del pezzo.

2. Nel brano la casa non è un luogo, ma una persona: quanto c’è di autobiografico in questo concetto e come hai trasformato un sentimento così intimo in musica condivisibile da tutti?

Per me rappresenta una persona concreta, ma per chiunque può essere quella figura che ci trasmette sicurezza, serenità, felicità e voglia di vita. Quando hai la fortuna di avere qualcuno/a così accanto, sono dell’idea che puoi andare ovunque, basta lei/lui che resti al tuo fianco. Per me questa persona è rappresentata dalla mia ragazza. Io sto vivendo una relazione a distanza e sto imparando davvero tanto da questo. Cambiamo le nostre abitudini di continuo e quando ci vediamo, uno entra nella routine dell’altro. Riusciamo a trovare la nostra stabilità in un apparente disordine. Per noi “casa” è dove stiamo assieme, dove condividiamo una passeggiata, una chiaccherata, una cena fuori. Sembra tanto romantizzata come cosa, ma perché non possiamo vivercela così?

Detto questo io nella musica ce la metto tutta per portare nella forma più sincera e spontanea possibile quello che è il mio vissuto. Mi ritengo di aver fatto una buona canzone nel momento in cui trasmetto un messaggio, lasciando ovviamente la libera interpretazione. Se trasmetto qualcosa sono il ragazzo più contento del mondo.

3. Le sonorità del pezzo oscillano tra leggerezza e profondità: come hai lavorato con Fabio Zanolini per trovare questo equilibrio sonoro che sembra rispecchiare perfettamente il testo?

Per ciò che concerne le sonorità del pezzo il merito va tutto alla mano di Fabio. Io scrivo, canto, lavoriamo assieme per le melodie e le seconde voci, ma il lavoro che sta dietro alla realizzazione delle basi di tutti i miei pezzi, dalle prod, ai mix e ai master, c’è Fabio. Negli ultimissimi pezzi sta accadendo qualcosa di ancora più straordinario, che ci entusiasma molto, stiamo collaborando tanto anche con l’aiuto di nostri amici che ci danno grandi dritte e aiuti che aumentano notevolmente il valore di tutte le nostre canzoni. Quando la musica unisce è fantastico.

Entrando nello specifico, per quanto riguarda “Andare via”, è stato tutto molto diretto e spontaneo. Non appena ho portato e cantato quello che avevo, Fabio ha pensato subito al vocoder e ai vocal chops del ritornello, che secondo me sono gli elementi che danno spessore al pezzo. Ci siamo gasati tanto nel svilupparlo. Ci sono altri aneddoti, ma mi dilungherei troppo. Sta di fatto che sì, ci siamo divertiti davvero tanto nel realizzare assieme questo pezzo.

4. “Andare via” è un manifesto generazionale per chi si sente fuori posto: cosa speri che resti a chi lo ascolta, soprattutto ai ragazzi della tua età che vivono la stessa frenesia quotidiana?

Spero che resti l’entusiasmo.

L’entusiasmo di sentirsi capaci di prendere in mano quello che abbiamo della nostra vita, per trasformarlo in qualcosa che vogliamo davvero. Senza avere nessuna presunzione di sapere già cosa vogliamo fare della nostra vita, perché, secondo me, ora è normale non sentirsi completi al 100%. Abbiamo vent’anni cazzo, com’è possibile avere già tutto scritto?

Voglio che resti quella sensazione di libertà che si ha quando si decide di fare quel passo. Quella felicità che ti riempie quando fai la scelta che volevi prendere, giusta o sbagliata che sia. Quell’incoscienza che ti lascia una scarica di adrenalina tale da farti osservare dei giorni monotoni da una prospettiva totalmente diversa.

In tutta sincerità quando faccio musica io sento un mix di tutte queste emozioni e sono super felice di questo, perché sento di aver trovato il mio. Auguro a tutti quanti di riuscire a realizzare lo stesso in qualsiasi contesto di vita. Dopotutto siamo sempre in cerca di qualcosa che ci faccia sentire vivi.