Il Nesso 139: “Scrivere è il mio modo per fermare il tempo”

INTERVISTENUOVI TALENTI

7/9/20253 min read

Tra ispirazioni visive come Hopper, riflessioni sull’introspezione e la necessità di rallentare per ritrovarsi, ci ha raccontato la genesi di un progetto nato in tre anni di silenzi, consapevolezze e cura. Un racconto in cui la musica diventa tempo sospeso, sguardo lucido, e al tempo stesso rifugio.

Ecco cosa ci ha raccontato:

Ogni traccia del disco ha un’ora precisa della notte o del mattino. C’è un filo invisibile che unisce queste tappe? Quanto contano per te i ritmi interiori rispetto a quelli della società esterna?
In quest'album ho voluto descrivere il mio immaginario della notte, raccontando quante più sfumature possibili.
La scelta di iniziare un progetto di questo tipo è arrivata proprio quando mi sono reso conto che le canzoni che stavo scrivendo in quel periodo avevano tutte uno stesso filo conduttore, elemento fondamentale dal mio punto di vista per la realizzazione di un album.
Ogni orario descrive quindi un'emozione, un mood o una situazione che ho vissuto in prima persona di notte, avendo inoltre scritto gran parte delle mie canzoni in questa fascia oraria.
In una società frenetica impegnata in una continua corsa gli uni contro gli altri, e a volte contro se stessi, che ci vuole sempre pronti e un passo avanti rispetto a tutti, ritengo che sia fondamentale rallentare, trascurando certi canoni in favore di un benessere mentale, possibile solamente ascoltando i propri ritmi interiori.
Per questo mi sono innamorato della notte, poiché ci permette di prendere fiato, fermarci e riflettere, in un'epoca storica nella quale riflettere è sempre più sconsigliato.

Hai citato Hopper come ispirazione visiva. C’è una canzone del disco che immagini come un suo quadro? Che scena notturna rappresenterebbe oggi Il Nesso 139 se potesse dipingersi?
Sono rimasto colpito da Hopper poiché è stato in grado di descrivere perfettamente il mio immaginario di notte attraverso una singola opera, unendo la tranquillità alla malinconia, la luce al buio, l'intimità alla solitudine. Il mio intento nel progetto è similare e credo che in ogni canzone si possa ritrovare un minimo di questa intenzione.
Se dovessi però scegliere una sola canzone da ricollegare a I nottambuli di Hopper direi il connubio tra "Paesaggio (00:00)", "Solo un ricordo (04:00)" e "Trampolini (07:00)", canzoni nelle quali ho trattato temi ed emozioni simili a quelle che Hopper è riuscito a suscitare in me.
Se potessi rappresentare me stesso come un dipinto notturno sarei probabilmente un paesaggio con protagonista la luna, accompagnata da nuvole, con la luce di quest'ultima che si rifletterebbe sul mare agitato, trovando nuovamente lo scontro tra la quiete e la tempesta.

Nel buio spesso ci sentiamo più veri, ma anche più fragili. C’è un momento della scrittura in cui hai dovuto scegliere se proteggerti o raccontarti senza filtri?
Scelgo il mio stile di scrittura e di linguaggio in base all'emozione che voglio trasmettere, cambiando quindi il modo con il quale comunico senza però cambiare i miei intenti e il mio pensiero.
Nella scrittura penso vinca sempre l'onestà e il raccontarsi senza filtri. Essendo la musica il mezzo attraverso il quale potersi esprimere, sarebbe limitante non poterlo fare apertamente.
Se sto scrivendo qualcosa vuol dire che sono pronto a parlarne, che, a modo mio, l'ho metabolizzato o lo sto metabolizzando proprio grazie alla scrittura. Nella musica ho trovato la facilità di esprimere concetti che solamente a parole potrebbero risultare complicati.

Il disco è nato in tre anni di elaborazione emotiva e sonora. Qual è il tassello che è arrivato per ultimo, quello che ha “chiuso il cerchio” e ti ha fatto sentire pronto a farlo uscire?
La sicurezza nel progetto è stata presente fin da subito. Proprio grazie a questa consapevolezza è stato possibile sviluppare il disco in un lasso di tempo così elevato, senza la preoccupazione di rispettare dei canoni per poter dimostrare qualcosa a qualcuno.
Con Riccardo Schiavello e Matteo Portelli, con i quali ho lavorato per la realizzazione dell'intero disco, abbiamo deciso di dare la precedenza alla sua qualità sonora e musicale.
Il restante periodo è stato il tempo necessario affinché ogni tassello fosse al posto giusto per iniziare seriamente questo processo di pubblicazione, avente come ultimo passo quello di lavorare con Honiro.

C’è un artista che ha scelto la notte come spazio creativo e la lentezza come forma di resistenza: si chiama Il Nesso 139, ed è l’autore di “Noi della notte (A.M.)”, un disco concettuale dove ogni traccia ha un orario preciso e una propria densità emotiva.