Leimannoia: un Long Island di disastri brillanti, tra skit, padri doppiofondo e storie storte

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6/20/20252 min read

C’è qualcosa di liberatorio nell’errore, quando smetti di tentare la forma perfetta e lasci che le cose succedano.
È da questo spirito – un misto di spontaneità, sarcasmo e osservazione iperrealista – che nasce l’EP dei Leimannoia, progetto che si muove con passo incerto ma deciso tra funk, indie, punk, hip hop e pop sghembo, come un bicchiere che trabocca durante una festa.

Loro lo chiamano “errore buono”, e lo rivendicano a ogni nota.
I personaggi che popolano le loro canzoni – dal fanatico della pizza verace al padre con una seconda vita – sono ritratti tragicomici in cui è impossibile non riconoscersi. In questa intervista, tra birre, skit improvvisati e cocktail immaginari, i Leimannoia ci portano nel loro universo sonoro, dove il caos è organizzato, ma mai addomesticato.


INTERVISTA AI LEIMANNOIA

In un EP che non cerca la perfezione ma celebra l’“errore buono”, qual è stato il momento in studio in cui avete capito che un’idea “buttata lì” poteva davvero diventare una canzone?

Indubbiamente il finale di “Capito Male”. Nanni aveva questa idea di chiudere il brano con una skit demenziale. Quella che potete sentire nel brano è la prima e unica take fatta in studio.

“Troppo Frizzante” parla di pischelli sfigati, padri con doppie vite e sbornie sentimentali: quale personaggio del disco sentite più vicino a voi e perché?

L’EP nasce dall’osservazione quasi maniacale di queste situazioni. Disavventure e vite sgangherate sono ispirazione pura. Nell’EP cerchiamo di raccontarle guardando il lato comico di queste condizione, perché in fin dei conti quei pischelli sfigati siamo noi. Dire qual è il nostro preferito è un po’ come chiedere a un genitore quale figlio preferisce. Per una questione di affetto e legame, probabilmente Gennaro, il tipo fanatico della pizza Napoli originale, e il padre con la doppia vita.

Come fate a mantenere vivo il senso di “caos organizzato” dalle prime birre romane fino alla traccia finale, senza mai tradire l’energia grezza che vi caratterizza?

Non c’è un metodo in questo, ed è ciò che ci porta a scrivere in questo modo. Viene naturale sin dal primo momento in cui abbiamo provato a far musica, è indice di come viviamo le nostre vite.

Se doveste descrivere il vostro suono – tra funk, pop, indie, hip hop e punk – usando un’immagine legata a un cocktail frizzante, quale scegliereste e che sapore rappresenterebbe meglio il vostro EP?

Un Long Island.