Lorenzo Vizzini con “Austu”: sospesi tra partenza e ricordo delle proprie radici

ANALISI & RECENSIONINUOVI TALENTI

Martina Golinucci

8/29/20253 min read

Un ricordo colorato da una macchia di caffé sulla Gazzetta, la festa di San Giovanni e le barche che ondeggiano alla Playa: questo è il paesaggio siciliano cantato in “Austu”, il nuovo singolo di Lorenzo Vizzini in uscita il 29 agosto.

Austu è una ballata malinconica che ha lo scopo di raccontare la terra d’origine dell’artista attraverso un canto vivo, ruvido e consapevole fatto di odori, voci e rituali quotidiani.

Lorenzo cerca di aggrapparsi a questi frammenti per sentire vicina la sua Sicilia in un momento della propria vita in cui si trova lontano: la scrittura è nata infatti un anno dopo essersi trasferito e aver lasciato la sua casa natale di Ragusa. Il risultato è una narrazione intima, poetica e vulnerabile in cui l’artista riflette sulla fugacità delle cose a noi care e sulla propria natura celata, in passato, da maschere sociali fittizie.

Il titolo: un inizio dal sapore di fine

Il brano si sorregge su un contrasto interessante, quello del gioco tra fine e inizio: la canzone si apre infatti su un finale.

Il primo elemento con cui ci interfacciamo è il titolo: Austu, Agosto in italiano, ci pone immediatamente davanti a una fine, la morte dell’estate che si consuma. D’altra parte, però, vediamo la nascita del ricordo estivo da cui si sviluppa il crescere della narrazione.

Una brezza sonora

Dal punto di vista musicale, il tappeto sonoro dà vita a una base fresca e leggera, che ricorda la brezza estiva citata nel testo. Gli strumenti analogici, ovvero il piano e la chitarra, mescolati alla tastiera contribuiscono a creare l’atmosfera e la sonorità di un’Italia autentica, vintage e cantautorale.

La verità del dialetto siciliano

La scelta di cantare e scrivere interamente in siciliano rende Austu molto originale. Il linguaggio diventa uno strumento rafforzativo del rapporto tra il tema centrale della canzone, ovvero il legame alla propria terra, e la sua trasposizione in musica.

Il linguaggio contribuisce a dare credibilità e rendere le immagini sonore ancora più vere e sentite, trasformando il brano nello specchio dei ricordi dell’artista: grazie ad esso, l’ascoltatore si cala a pieno nella cultura e nella realtà ragusana abbracciata da Lorenzo Vizzini.

Immagini in mano

L’aspetto che sicuramente spicca maggiormente del singolo è l’abilità di Lorenzo Vizzini nel maneggiare immagini vivide. Anche per chi non è mai stato in Sicilia, tramite l’ascolto sembra di esservi perfettamente integrato. Veniamo proiettati in ricordi molto precisi, come se fossimo spettatori in una storia in svolgimento.

Il brano si apre da subito con un’immagine: nella prima strofa, il temporale di fine estate annuncia che agosto è finito e si deve tornare alla routine invernale studentesca. Durante questo periodo, il cantautore si reca al bar con Ciccio, dove vede la Gazzetta rosa macchiarsi di caffè e fritto di arancina.

Faciennu u ggiuriziusu pi farimi vuliri cciù beni

Dint'ammia vastimiava e mi sintia nu lupu ch'ei catini

[Facendo il giudizioso per farmi voler più bene

Dentro di me bestemmiavo e mi sentivo un lupo incatenato]

In questa cantilena di giornate uggiose, Lorenzo si sente un’ombra: indossa delle maschere, non è lui, si pone come una persona che non è. Come risultato, viene inondato da rabbia e frustrazione che lo fanno sentire represso.

E vulia partiri luntanu

Austu è n'suonnu ri sicunna manu

[E volevo partire lontano

Agosto è un sogno di seconda mano]

Sono i versi centrali che sintetizzano l’essenza del testo: nel ritornello si crea un equilibrio dolce, delicato, intimo e riflessivo tra il desiderio di andare, di cambiare, di scoprirsi, e la memoria nostalgica di un luogo affettuoso che gli è appartenuto nonostante la sensazione di estraneità.

Viale Colajanni a San Ghiuanni ciauria di zagara

Iu scrivia canzuni suttuvuci comu avissi truatu a mo truatura

[Viale Colajanni a San Giovanni profuma di zagara

Io scrivevo canzoni sottovoce come se avessi trovato la mia trovatura]

Anche nella seconda parte del brano si ripropone lo stesso schema: in questo caso, è richiamato il senso olfattivo per descrivere un’istantanea a San Giovanni, patrono e festa di chiusura estiva di Ragusa.

Lorenzo ricorda anche dei momenti abituali condivisi con i propri coetanei, in cui fingeva di ridere o condividere i loro modi di divertirsi per sentirsi accettato. Così, apprendiamo che la maschera sociale era indossata regolarmente, sia con la famiglia che con gli amici.

Tra individualità e universalità

Con Austu, Lorenzo trasforma un’esperienza individuale in un ritratto di sentimenti e comportamenti universali, come il desiderio di fuggire o di cambiare, il sentirsi fuori posto, il mascherarsi, e la nostalgia verso un passato ormai lontano.

In questo modo, il cantautore invita a riflettere sulla propria identità e sul valore che assumono il passato e il presente per ognuno di noi.