Matilde Montanari – “Grazie per il trauma”: la verità che vibra, anche quando fa male

INTERVISTENUOVI TALENTI

Gabriele Lobascio

11/13/20252 min read

C’è una generazione che non ha paura di mostrarsi fragile, di raccontarsi senza filtri, di dire la verità anche quando brucia.
Matilde Montanari ha solo vent’anni ma una voce che porta dentro la vita: nel suo EP “Grazie per il trauma”, disponibile dal 14 novembre, trasforma la vulnerabilità in forza e la sincerità in arte.
Cinque brani registrati in presa diretta, dove ogni respiro e ogni piccola imperfezione diventano segno di autenticità.

Un progetto nato dal basso, costruito con passione, sacrificio e fiducia reciproca — un inno al coraggio di restare veri in un’epoca che tende a lucidare tutto.

Intervista:

1. Il tuo EP si intitola “Grazie per il trauma”: un titolo forte, quasi provocatorio. Quando hai capito che il dolore poteva diventare gratitudine, e non solo ferita?
Credo nel momento in cui ho smesso di voler scappare. Per tanto tempo ho cercato di dimenticare certe cose, di cancellarle, ma ho capito che finché provi a rimuovere il dolore, lui resta lì, fermo, a bussare.
Scrivere mi ha insegnato che puoi guardarlo in faccia e trasformarlo in qualcos’altro — magari in una canzone.
“Grazie per il trauma” è un modo per dire che anche quello che ti spezza può farti crescere. Non è rassegnazione, è riconoscenza.

2. Hai scelto di registrare tutto in presa diretta, lasciando respiri e imperfezioni. Quanto conta per te il “vero” in un’epoca in cui la musica sembra voler nascondere ogni difetto?
Per me conta tutto.
Oggi si tende a lucidare ogni suono, a correggere ogni piccola sbavatura… ma la vita non è così. Io volevo che chi ascolta potesse sentire la mia pancia, il mio respiro, anche l’errore, perché è lì che c’è l’emozione.
Ho sempre pensato che la perfezione sia un po’ noiosa — la verità invece vibra.
Registrare in presa diretta è stata una scelta coraggiosa, ma anche liberatoria: è il modo più sincero che conosco per dire “questa sono io”.

3. In questi cinque brani c’è un percorso di rinascita, ma anche una grande ironia. Quanto ti ha aiutata l’autoironia nel fare pace con le tue fragilità?
Tantissimo.
Io credo che l’ironia sia una forma di amore verso se stessi. Ti permette di guardarti da fuori, di alleggerire anche le cose più pesanti.
Quando scrivo, cerco sempre un punto di luce — una frase, un’immagine, qualcosa che mi faccia sorridere anche mentre piango.
In Post-it, ad esempio, rido dei miei disastri, ma è proprio lì che comincio a perdonarmi.

4. Il tuo progetto nasce dal basso: festival, busking, collaborazioni sincere. Pensi che la nuova generazione di artisti debba tornare a sporcarsi le mani per restare libera?
Sì, assolutamente.
Io non avevo un budget, avevo solo tanta voglia di farcela — e un gruppo di persone vere che hanno creduto in me. Ho barattato foto per suonare a un festival, ho cantato per strada per raccogliere fondi per il release party, e non mi vergogno di dirlo: è stato bellissimo.
Penso che la libertà artistica nasca proprio da lì, dal costruire le cose con le proprie mani, giorno per giorno.
Quando tutto è “già pronto”, rischi di perdere la fame, la verità.
La mia generazione ha bisogno di tornare al contatto, al suono vero, al pubblico davanti. È l’unico modo per non farsi schiacciare da un mondo sempre più artificiale.

Ringraziamenti:

Un ringraziamento speciale a Giordano Sangiorgi e Luca Medri per aver creduto e sostenuto il percorso di Matilde, e ai musicisti che hanno reso vivo il suono di “Grazie per il trauma”:
Mattia Zoli (batteria), Vito Bassi (basso), Andrea Bonetti (tastiere) e Mattia Mennella (chitarra).