Oltre quattro mura: Kiki e il viaggio verso "La casa"

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2/3/20252 min read

1. Nel tuo EP esplori il concetto di casa come qualcosa di mutevole, più legato alle persone che ai luoghi. C’è stato un momento preciso nella tua vita in cui hai capito che la casa non era solo quattro mura, ma qualcosa di più?

"Avevo, penso, 6-7 anni quando abbiamo traslocato la prima volta, e poi 15 la seconda. Ho pochi ricordi di entrambe le case perché non ho avuto modo di viverle a pieno, o comunque il tempo per creare un legame così profondo non c’è stato. Fino ai 6 anni ricordi poco, e poi dai 7 ai 15 passavo quasi tutte le mie giornate fuori. Quindi 3 traslochi in 15 anni mi hanno fatto capire che dovevo quasi correre ai ripari e che non dovevo far combaciare il concetto di casa a quello di quattro mura. C’è un pezzo di Luther Vandross molto bello che si chiama “A house is not a home” che spiega bene questa idea."

2. La lingua e le radici sembrano giocare un ruolo importante nel tuo viaggio musicale. Quanto ha influito il legame con la tua terra nella costruzione della tua idea di casa? E cosa succede quando quella lingua diventa un ponte, ma anche una barriera?

"Influenzano molto. A 19 anni sono andato a fare l’università fuori regione e mi sono scontrato per la prima volta in maniera importante con i pregiudizi che la lingua porta. I pregiudizi poi ti portano ad empatizzare maggiormente con chi, come te, ne soffre, e quindi la lingua diventa un qualcosa in cui ritrovarsi e rifugiarsi, un modo per fare comunità. Fortunatamente il napoletano è uno dei dialetti più sdoganati, proprio grazie anche alla musica, quindi rientrare in quella narrativa non è difficile anche se bisogna portare molto rispetto e farlo con molto rispetto. I Co’sang, Eduardo De Crescenzo e non per ultimo Pino Daniele, mi hanno fatto sentire a casa quando in realtà ero lontano."

3. Hai citato artisti come Dijon, Saya Gray e Sampha tra le tue influenze. In che modo il loro approccio alla musica ha ispirato la tua scrittura e il sound di "La casa"? C’è un brano nell’EP in cui senti che questa ispirazione è più evidente?

"Saya Gray ha un flusso creativo che invidio molto. Le canzoni spesso non hanno struttura, non hanno ritornelli, sono minimali ma allo stesso tempo piene. Sampha spesso nei suoi dischi lascia le imperfezioni che siano di tempo o di intonazione ed ha una scrittura molto intima. Dijon invece rappresenta la coralità e l’approccio viscerale al cantato.
Mi risulta difficile trovare un brano che riassuma tutti questi aspetti, anche perché sono tre artisti che ascolto da molto e mi hanno influenzato tanto. Forse il brano “La casa”, ora che ci penso, comprende tutte queste caratteristiche."

La casa non è solo un luogo, ma un’emozione che si sposta con noi. È questo il cuore dell’EP di Kiki, un progetto che esplora l’idea di appartenenza tra traslochi, legami e suoni che diventano rifugi.

Nel suo viaggio musicale, la lingua diventa un ponte, ma a volte anche una barriera, mentre le influenze di artisti come Saya Gray, Sampha e Dijon si mescolano in un sound intimo e viscerale.

In questa intervista ci racconta come è nato La casa e cosa significa davvero sentirsi a casa, indipendentemente dalle coordinate geografiche.