Tamì e le sue “Navi”: rotte interiori, maree emotive e nuove partenze
INTERVISTENUOVI TALENTI
7/24/20252 min read
Ci sono canzoni che non arrivano per caso, ma quando serve. “Navi”, il nuovo singolo di Tamì, è una di queste. Un brano che nasce da un periodo di silenzio, dall’idea (quasi definitiva) di lasciar andare la musica in italiano… e invece. Un incontro, una co-produzione, e tutto riparte. Così, tra rotte interiori, amicizie transoceaniche e nuove consapevolezze, Tamì torna con un progetto sincero, intimo, scritto in viaggio ma con la forza di chi sa ritrovarsi.
Intervista a Tamì
“Navi” nasce dopo un periodo di silenzio e riflessione. Cosa ti ha fatto capire che era il momento giusto per riprendere il timone e tornare a raccontarti attraverso la musica?
Il segnale è arrivato da Sophia, la ragazza che ha prodotto tutto l’album. Ci siamo conosciute all’università e sapeva che facevo musica in italiano. Quando le dissi che pensavo di proseguire solo in inglese con un nome diverso, mi chiese se poteva ascoltare i pezzi italiani che, a dire il vero, avevo ormai nel dimenticatoio e sarebbero andati sprecati. Poi ha sentito gli stems di ‘navi’ e appena sentii la sua produzione su quel pezzo capii che il percorso che pensavo finito in realtà era solo all’inizio. Insomma, il timone lo ha preso la mia co-capitana con tanto di binocolo.
Hai vissuto in città diverse, da Roma a Londra passando per Liverpool. C’è un luogo preciso, reale o mentale, che ha ispirato questa “navigazione interiore” di cui canti?
Probabilmente la prima città dove mi sono trasferita, Swansea, che è una piccola cittadina gallese sul mare. Mi ricorderò per sempre le immagini del mare di Swansea. Quindi penso che anche inconsciamente mi abbiano fatto associare i viaggi al mare, motivo per il quale “navi” non si chiama “aerei”. Il pezzo però è stato scritto a Liverpool e prodotto a New York.
Nel brano parli di lasciarsi alle spalle legami, sguardi, affetti. Quanto è difficile scegliere di partire davvero, anche quando la partenza non si vede da fuori?
Le partenze sono difficili, ma non sono amare quanto restare in un posto che non è destinato a noi mentre la vita passa. La vita è bella proprio per quanto è imprevedibile; e più ti getti nella mischia, più cose inaspettate succedono. Nella staticità è difficile crescere. Nella vita ci vuole coraggio.
Il titolo evoca pluralità: “Navi”, non “una nave”. Che tipo di persone, emozioni o paure ti hanno accompagnata in questo viaggio? Hai trovato nuovi “equipaggi” lungo la rotta?
Il plurale ‘’navi’’ si riferisce non solo a me, ma tutti i miei amici. Anche loro sono in viaggio. Soprattutto i musicisti conosciuti alla LIPA a Liverpool. Ci siamo fatti molti pianti quando Sophia è partita per tornare a New York, ma ognuno deve seguire il suo destino. Le navi vanno lasciate andare, perché hanno posti destinati a ricevere il loro arrivo. Le circostanze ci spingono verso questi posti in un modo o nell’altro. Per questo cerco di non restarci troppo male quando qualcosa fuori dal mio controllo mi impedisce di fare ciò che vorrei. Credo molto nel God’s Plan e questo mi aiuta a superare la tristezza e la paura.