Tra fragilità e forza: il viaggio interiore di Hoomor in Contatto Esterno

INTERVISTENUOVI TALENTI

Gabriele Lobascio

9/19/20253 min read

Con Contatto Esterno, Hoomor porta l’ascoltatore dentro un universo intimo e in continua trasformazione. L’EP si muove tra immagini poetiche e riflessioni sincere, raccontando il delicato equilibrio tra vulnerabilità e coraggio, tra il bisogno di protezione e la voglia di libertà. In questa intervista, l’artista ci parla del significato della sua “casa interiore”, della scrittura come specchio delle esperienze vissute, del suo approccio libero alla musica e di cosa spera possa arrivare a chi si immerge nelle sue canzoni.

Intervista

1. In Contatto Esterno parli della metafora della “casa” come luogo interiore dove ritrovarsi e sentirsi al sicuro. Se dovessi descrivere con un’immagine concreta la tua casa interiore oggi, che forma avrebbe?

Trovare la forma per un qualcosa in costante sviluppo o cambiamento lo reputo abbastanza difficile. Più che la forma potrei descrivere gli arredi, che sono come i pensieri, ideologie nella mente, che ci distinguono dagli altri.
La forma un giorno può essere un fiore e un giorno può essere un martello.
La reputo un qualcosa che va di pari passo alle nostre sensazioni momentanee. Se devo dare una risposta ora come ora direi un albero.

2. La tua scrittura sembra oscillare tra fragilità e forza, tra desiderio di libertà e paura del giudizio. C’è stato un episodio preciso nella tua vita che ha acceso questa consapevolezza e che ti ha spinto a raccontarla in musica?

Credo sia stata più una serie di conseguenze di eventi e non di un momento preciso. Come sempre la mia musica rispecchia effettivamente ciò che sono e ciò che penso; e posso dire che grazie a ciò che ho vissuto e chi mi ha circondato ha di certo contribuito in questo, tra situazioni che mi hanno fatto paura e situazioni che mi hanno dato forza.
Ogni situazione o rapporto è a sé, tra le cose che racconto ci sono le sensazioni che ogni esperienza mi dà.

3. Le tue radici artistiche affondano in SoundCloud e in un approccio molto libero alla musica. Come sei riuscito a conservare quello spirito di spontaneità e sperimentazione anche entrando in un’etichetta strutturata come Honiro Label?

Inizio con il dire che mi fa piacere questa affermazione e vi ringrazio.
Paradossalmente mi rendo conto che ci sia più sperimentazione ora rispetto a prima. Questo credo sia dovuto al fatto che mi sono sentito accompagnato e supportato nel percorso, perciò non avendo percepito vincoli né tanto meno limiti mi ha reso tranquillo portando avanti le mie e le nostre idee, e di questo ne sono lieto.
Per il resto la spontaneità come avete detto fa parte della creazione. Limitarsi allo standard stringe il proprio campo, che si parli di crescita o bravura.
Ho imparato che sperimentare porta all’espressione totale di sé, in cui, oltre ai sentimenti e alle sensazioni, si mettono in gioco i propri gusti, diventando capaci dunque di assumere una profondità, anche soltanto soggettiva, ma fieri della propria creazione. Dietro c’è un mondo che solo noi siamo in grado percepire e gli altri in grado di apprezzarlo e avere una visione a loro volta ancora più personale.
Si parla di vibrazioni, frequenze che ci colpiscono in maniera più che soggettiva.

4. In un’epoca in cui spesso ci si mostra più di quanto ci si racconti, tu scegli uno sguardo intimo e vulnerabile. Cosa speri che chi ascolta il tuo EP possa riconoscere di sé nei tuoi testi e nelle tue canzoni?

Mi piacerebbe che in un’epoca dove ci si mostri raccontandosi ci si mostri mostrandosi. Tante sono le paure e i rifugi che cerchiamo. E questo lo vedo nei miei coetanei, ma anche nelle generazioni precedenti.
Siamo fatti di sentimenti e sensazioni tutti quanti. Non dovremmo avere paura di aprire bocca o mostrarci per quello che siamo.
Del mio EP non mi aspetto di insegnare nulla a nessuno. Sono semplicemente uno dei tanti, quello che “spero” è che le persone non si sentano sole, e che possano sentirsi accompagnate in ciò che dico e ritrovarsi di conseguenza.
Ma, come già ho detto, credo che l’arte, la musica, debbano essere percepite in modo personale. Perciò, ogni punto di vista è ben accetto; l’interpretazione è tutto e può farci sentire parte di un qualcosa che ci rappresenta.